domenica 10 luglio 2011 alle ore 21.13
San Josè è una città abbastanza anonima. Se togli al Costa Rica la natura rimane soltanto la gente cordiale e generosa. E quella, anche nella capitale, non manca. Peró grandi attrattive la città non ne offre, quindi decidiamo di fermarci solo una notte.
Troviamo un b&b molto carino di proprietá di un tizio alquanto interessante, Alfi. Uomo sulla sessantina, in discreto sovrappeso. Sembra averne passate di tutti i colori nella sua vita. Parlando con il suo strano spagnolo intervallato da profondi respiri affannati, ci racconta di aver girato il mondo prima di ritirarsi a San Josè. Nato in Sud Africa aveva lavorato da giovane con il padre in non so che commercio, e poi si era dato con successo alla pittura. Ci mostra il ritratto della defunta moglie, americana, con cui aveva vissuto negli Stati Uniti per alcuni anni.
Adoro incontrare questo tipo di persone. Già soltanto il suo volto trasmetteva una storia intensa.
La notte della capitale dovrebbe offrire tanti divertimenti, ma come al solito scegliamo la zona sbagliata. Non resta che seguire la musica e così infiliamo in un anonimo e decrepito palazzo. Finiamo in un lounge bar alla moda abbastanza figo dove facciamo amicizia con gente del luogo, solo per poi scoprire che è un locale gay! Tipico.
La serata scorre bene e ci divertiamo spensierati, sapendo che il giorno dopo ci aspettano 16 ore di bus per Panamà.
La traversata infernale, peró offre tante sorprese, tra cui la conoscenza di un simpatico e strampalato tico di nome Dany. Fa il meccanico a puerto Limon ed è innamoratissimo della sua ragazza che l'ha coinvolto nella religione induista. Infatti sta andando a Panamà per raggiungerla in occasione di un importante festival induista. Facciamo tutto il viaggio in sua compagnia ed arriviamo a destinazione nel pieno della notte.
Abbiamo prenotato una notte in un ostello e ci arriviamo alle 5 di mattina, il giorno dopo inizieremo ad esplorare la città.
Panama City è sorprendente. Sembra un mix di Miami e La Havana (in versione libera) e forse è proprio così che la capitale cubana potrebbe diventare una volta caduto il regime.
Parlo di vedute, di atmosfera, di sensazioni, ma anche di stile di vita. Il primo impatto è positivo. Camminiamo lungo la baia, e poi esploriamo il quartiere di Casco Viejo. La gente ci sorride e passiamo un bel pomeriggio.
Il costo della vita qui è leggermente più basso che in Costa Rica. La moneta circolante è il dollaro. In realtà loro avrebbero i balboa ma li vedi solo sotto forma di monetine quando prendi un resto, anche se comunque sono mescolati ai dollari. L'influenza statunitense si percepisce ma tra i due influssi quello latino è decisamente imperante. È pura america latina ragazzi! E mi piace di brutto!
La serata panameña viene adeguatamente festeggiata tra cerveza e ron in vari locali della "zona viva", un quartiere fortificato dedicato alla vita notturna. Qui serve il documento e si viene perquisiti per entrare, ma almeno la sicurezza è assicurata. Fa molto strano entrare in una zona fortificata per bere una birretta, ma tanto si sa che paese che vai, usanza che trovi...
Da menzionare assolutamente è la cena di degustazione al ristorante Manolo Caracol. La più buona in assoluto da quando siamo partiti. Economicamente una mazzata tra capo e collo, ma li valeva!
Ma c'è un altra vera meraviglia di Panama dopo l'incredibile skyline sulla baia (purtroppo non ho potuto fare foto di notte, era davvero mozzafiato). Parlo ovviamente del canale. Imponente e frenetico lascia davvero a bocca aperta, c'è poco altro da dire.
Ora siamo su un bus diretti alla costa nord, dove domani mattina ci imbarcheremo su un veliero diretti verso Cartagena, Colombia. Cinque giorni di navigazione con soste nelle isolette disabitate di San Blas, pregando che il mare non sia tempestoso come dicono. Che Nettuno ce la mandi buona!
Nessun commento:
Posta un commento