domenica 22 dicembre 2013

I sogni segreti di Walter Mitty 8/10 - Seacage's Hot Review

martedì 25 ottobre 2011

Tropic Journey 2011 [From Liberia to Bogotà] Chapter 7 - Bogotà

pubblicata da Paolo Cellammare il giorno lunedì 5 settembre 2011 alle ore 19.17
Carlos Alberto "El Pibe" Valderrama, eroe sportivo del popolo Colombiano.

Bogotà è una delle città più popolose del mondo.

Bogotà è una città estremamente affascinante.
Il primo giorno la odi. Perchè sei in pantaloncini e canottiera, con i tuoi baldi infradito, nonostante tutti gli avvertimenti dei Colombiani. Arrivi alle 6 di mattina col bus notturno, lamentandoti dell'aria condizionata. E poi esci fuori e scopri che quello del bus era riscaldamento, perchè fuori si muore di freddo.
A 2500 metri circa di altitudine fa freddo.
El Monserrate, da dove si vede tutta la città e dove 3 scalini ti possono dare il fiatone!

La funivia che porta al Monserrate
Ma appena ti abitui alla temperatura, e ti metti qualche strato di vestiario in più allora inizi veramente ad apprezzarla. Scorci bellissimi ovunque ti volti, che tu sia nel quartiere antico della Candelaria, sia da altre parti. La gente è fantastica e c'è sempre festa o qualcosa da fare. Non c'è tempo per annoiarsi e una settimana passata lì è praticamente volata.
Dopo l'eccezionale permanenza all'ostello Sam's di San Gil, veniamo da loro stessi indirizzati al Sue che si trova nel quartiere di Bogotà chiamato la Candelaria. Ed è un altro posto eccezionale. Già dal primo momento ci sentiamo a casa, accuditi e coccolati dalle signore del personale che ci vedono arrivare alla mattina presto con il nostro abbigliamento mare infradito e canotta tutti tremanti. Subito la signora ci fa accomodare nel salottino del bar, su dei divanetti e ci rimboccano anche le coperte. Appena ripreso un colorito normale, mettiamo addosso tutti i vestiti che abbiamo e ci andiamo a comprare qualcosa di pesante da indossare.
Un giro al museo militare non poteva mancare... è stato veramente interessante!

Jim cerca di capire come diavolo funziona questa specie di cannone balistico.
In quei 6 giorni passati nella capitale ho anche avuto modo di rivedere persone che mi erano rimaste nel cuore. Gli amici che mi avevano ospitato e che avevo conosciuto durante la convention Sofa 2009 in cui ero stato ospite. Rivedere Zantiago, Nicolas e Angelica è stato veramente eccezionale. E' sempre bello sapere di avere dei cari amici dall'altro lato del mondo!
Quando si parla di Bogotà poi c'è un posto in particolare che non si può mancare di visitare almeno una volta. Un posto per il quale era montata un'aspettativa clamorosa sin da quando eravamo ancora nell'aereo partito da Milano.
Will Coyote ha insegnato qualcosa...
Lo steward era infatti colombiano e non appena nota la mia guida Lonely Planet appoggiata sul tavolinetto, si avvicina furtivo consigliandoci di andare assolutamente in questo posto, e con la sua penna mi scrive su un foglio "Andres Carne de Res". Per chi non parla spagnolo vuol dire letteralmente "Andrea Carne di Vacca", impreziosito da una simpatica rima... un po' come dire Lorenzo carne di manzo, tanto per intenderci.
Cos'è? Un ristorante ovviamente... ma non uno normale.
Intanto è fuori città, ad un ora circa, in un paesino chiamato Chia. Ne esiste anche una nuova sede in città, più piccola, ma tutti dicono che vale la pena andare a quello originale. E così facciamo.
L'ostello organizza un megabus il sabato per portare tutti lì, con tanto di bevute illimitate sul bus, e perchè no?
Tra l'altro è l'unico ristorante che abbia mai visto in cui si paga l'ingresso... infatti come dicevo non è un ristorante normale.
Intanto è enorme e labirintico, riempito ovunque di chincaglieria e aggeggi assurdi. Di sicuro impatto. E poi è stracolmo di gente, almeno nel weekend. Musica a palla, e tutti a fare festa e ballare ovunque. Diciamo che è più simile ad una discoteca che ad un ristorante. Una discoteca in cui puoi ordinare la tua bella bistecca. Un po' cara ma buona da morire!
Serata indimenticabile, anche se abbiamo dopo 2 minuti perso praticamente tutti quelli che erano con noi. E poi ritrovati a sprazzi sparsi un po' qui ed un po' lì.Un bel tamale colombiano in un antico locale di Bogotà non poteva mancare... anche se proprio non avevo fame
La storia del posto è alquanto tipica. Il buon Andres aveva aperto sto ristorante bello mangereccio qualche decennio fa, con l'idea di far ballare la gente dopo cena. Aiutato da tanti bravi camerieri e cameriere che sapevano trascinare i clienti e creare l'atmosfera giusta, il posto è esploso ed è diventato un luogo di culto. Andres in poco tempo è diventato milionario (anzi miliardario, considerando i pesos colombiani che valgono più o meno come le vecchie lire) ed ora si sta espandendo, facendo diventare la sua creazione una catena. E perchè no?
Se doveste capitare mai a Bogotà ricordatevi di questo posto, non potete perdervelo.
Purtroppo non ho foto della serata, ma se vi chiamate Lorenzo e vi piace l'idea, provate ad aprirne uno in Italia, io ci verrei!
http://www.andrescarnederes.com/

Bene, finito l'angolo promozionale torniamo a noi...
Che altro dire, i giorni in città sono passati tranquilli, con la compagnia dei cari amici conosciuti in barca. Abbiamo riso, abbiamo bevuto, abbiamo festeggiato l'ultima settimana in questo fantastico paese ed abbiamo girato in lungo e in largo questa straordinaria città.

Voglio concludere dicendo per l'ultima volta una cosa. La Colombia non è un paese periocoloso, per niente. O almeno non più del paese dove state vivendo. Basta stare attenti ed avere un po' di sale in zucca, come ovunque. Ma vi assicuro che i posti pericolosi sono altri. Ma se cercate un posto dove fare un viaggio che offra natura, mare, festa, montagna, avventura, cucina, cultura, gente fantastica e tanto divertimento, il tutto a prezzi economicissimi, allora non potete perdervi un tour di questo incredibile paese... altrimenti fatevi un bel giro in Italia ;)

le montagne che sovrastano la città sono sempre uno spettacolo affascinante

Tropic Journey 2011 [From Liberia to Bogotà] Chapter 6 - to the extreme!

pubblicata da Paolo Cellammare il giorno giovedì 18 agosto 2011 alle ore 20.14
To infinity and beyond!

"Per favore, può darci il permesso scritto di ammazzarla?"
Questo in breve è il significato del documento che abbiamo dovuto firmare prima di fare rafting a San Gil.
Io e Matteo ci siamo guardati in faccia, con gli occhi sgranati... da quel foglio sembrava che come minimo ci saremmo rotti una gamba o fracassati il cranio, e che non sarebbe stata loro responsabilità... Si parla dopo tutto di rapide di classe 5, dove 6 è il massimo, ed è solo per i professionisti. Faccio finta di niente e firmo.
sopra i cieli di San Gil a 300 metri di altezza!
ci siamo quasi... Il giorno prima avevamo fatto parapendio e non avevamo dovuto firmare niente... stranezze della Colombia.
Durante il lungo viaggio nello scomodissimo e vecchiotto fuoristrada ripenso alla giornata precedente. Il parapendio è stata un esperienza fantastica, ma non così estrema quanto mi aspettassi. Si trattava alla fine di volare per 15 minuti imbragato con il pilota alle tue spalle che manovrava la vela. Nessuna parte attiva nella cosa. Si chiacchierava, si guardava il panorama, qualche foto e qualche video. Atterraggio. Certo, librarsi fino a 300 metri d'altezza e volteggiare qua e là davanti ad un fantastico panorama, con canyon e colline verdi, non era affatto male. Ma non mi ha dato quell'emozione che mi aspettavo.
Matteo: "Questo che classe è?" Istruttore:"Questo non è niente, non sono rapide queste!!!"
Tough in the raft! E così ho passato il resto della giornata a convincere Matteo a venire con me a fare il rafting estremo. Non quello per famiglie nel fiume tranquillo, ma quello incazzato, nelle rapide incazzate, e con il prezzo incazzato. Forse anche Matteo era un po'incazzato alla fine... però ha accettato.
E così eccoci lì, sballottati su per le strade sterrate delle colline, trainando il nostro bel gommone arancione verso il Rio Suarez.
Questi sono momenti in cui non sai cosa aspettarti. C'è un po' di timore, di solito alimentato più che altro dagli sguardi o dalle domande di chi sta intorno a te. L'adrenalina piano piano sale, mentre gli istruttori ci spiegano tutte le manovre che dobbiamo imparare. Manovre di salvataggio.
Prima ce le mostrano a terra e poi una volta saliti sulle due imbarcazioni tocca proprio a Matteo tuffarsi in acqua simulando una caduta e mostrare una manovra di salvataggio.Ela, amica dell'ostello Sam's, e Josefina nostra compagna di rafting argentina! Siamo otto partecipanti più 2 guide sui gommoni e 2 sui kayak che intervengono in caso di necessità, e siamo distribuiti sul classico gommone da 6+1 più una specie di catamarano da 2+1. Memorizzati i movimenti ed i relativi comandi siamo pronti a partire. Forward!
Io e matteo siamo in prima fila nel gommone grande in quanto i due più robusti e dobbiamo dare il ritmo di remata sincronizzandoci tra di noi. Le prime rapide ci sembrano terrificanti e veniamo inondati dall'aqua marrone e turbinosa del fiume, riusciamo a fatica a superarle venendo poi a sapere che erano solo di classe 3! Di lì a poco ne dovremo affrontare ben 3 di classe 5! Fortunatamente prendiamo velocemente la mano mentre il percorso diventa gradualmente più difficile, rapida dopo rapida. Unico intoppo quando rimaniamo incastrati con una roccia sotto il gommone, il che ci ha fermati per qualche minuto, ma poi saltando un po' siamo riusciti a scastrarci. Quando, infine, arrivati all'ultimissima rapida, di classe 5, la nostra guida ci fa ripassare le manovre di sicurezza.
Necesito mas bromas para Johana!
Io e Matteo, ormai fiduciosi delle nostre capacità, ci guardiamo negli occhi, pugno contro pugno "PURA VIDA!", e ci fiondiamo in quell'inferno di acqua, uscendone indenni. Ci voltiamo indietro a guardare. Faceva veramente paura, in pratica eravamo passati attraverso delle cascate impetuose senza rendercene conto. Ci tuffiamo nell'acqua e ci facciamo trascinare dalla corrente.
Per me Rafting batte Parapendio su tutta la linea!
...e l'avventura continua(va)...

Tropic Journey 2011 [From Liberia to Bogotà] Chapter 5 - Buche e castelli di sabbia

pubblicata da Paolo Cellammare il giorno venerdì 22 luglio 2011 alle ore 19.31
Pesce colombiano fritto alla vecchia maniera italiana.
Ecco il risultato di questa magnifica ricettaFase 1: preparare le verdure e incidere il pesce.

- 4 Pesci colombiani da circa 1kg cad. presi dal pescatore a 14000 pesos (6 euro)
-2 Platani verdi
- 2 Tomate arbol (pomodori strani tropicali)
- 1 Cipolla
- Sale
- Pepe
- Farina
- Olio di robe strane tropicali.
Fase 2: infarinatura
Prendete i bei pescioni e ammirateli con soddisfazione gongolando per l'affare fatto. Incidete i fianchi con dei tagli diagonali che fanno sempre design, tagliate via la coda perchè se no non entra nel padellino dell'appartamento e passateli nella farina ben bene.
Tagliate la cipolla a cerchietti. Tagliate i pomodori strani in modo da fare la polpa a cubetti e la buccia a striscioline.
Prendete il platano e togliete la buccia. Il platano sembra una banana ma non è una banana per un cazzo. E' durissimo e avrete un po' di problemi all'inizio, ma se incidete la buccia lungo tutto il frutto dovrebbe essere abbastanza facile toglierla. Una volta aperto il platano tagliatelo a rondelle sottili. Il platano, che non è una banana manco per un cazzo, ha una consistenza molto diversa da quella della banana. Infatti non è una banana. Tagliatelo il più sottile possibile per un miglior risultato.Fase 3: FRITTURA!
Mettete a scaldare abbondante olio in una padella e, una volta ben caldo immergeteci il pesciotto ed un po' di rondelle di platano, pomodoro strano e cipolla. Abbassate la fiamma fino ad un livello medio. Quando abbastanza cotto da un lato, girate il pesce. A fine cottura togliete il pesce e guarnite il piatto con il platano fritto, le cipolle ed il resto. Gustatevi il tutto innaffiato da un buon bianco. Fate lavare piatti e pentole agli spagnoli per un miglior risultato.
et voilà
E dopo la mangiata, tutti a pulire! però la mattina!

Tutto il mondo è uguale visto dagli occhi dei bambini. Dovunque tu vada, oriente o occidente, primo o terzo mondo, in ogni spiaggia i bambini staranno facendo buche e castelli di sabbia. Alla fine, quando rimane solo sabbia, mare ed un costume addosso, siamo tutti uguali. Ci facciamo una birretta gelata, e ci godiamo la vita. Basta poco.

Negli ultimi due giorni in barca, di totale navigazione, in cui letteralmente non ho toccato cibo a causa del mal di mare, non ho fatto altro che sognare un piatto di spaghetti ai frutti di mare. Sbarcati la domenica mattina a Cartagena la prima cosa che ho fatto e cercare un posto decente dove pranzare. Stavo letteralmente svenendo dalla fame. In più il taglio che mi ero fatto sotto il piede sinistro nell'escursione nella foresta pluviale si era infettato. L'unico disinfettante che il capitano aveva a bordo era infatti un secchio con un po'di candeggina e acqua in cui farci il pediluvio. Rimedio della nonna che però apparentemente non a funzionato.
Insomma al mio arrivo in Colombia non ero proprio al massimo della forma. Un americana fuori all'ostello mi suggerisce un ristorantino italiano che aveva appena provato e che mi assicurava fosse ottimo. Nessuno di noi italiani si sognerebbe di seguire un consiglio culinario da un americano, però in mancanza di alternative, e con la fame lancinante, decido di provare.
nei tunnel della fortezza di Cartagena
Mi colpisce subito il fatto che i piatti sul menù siano scritti in italiano corretto. Ci sediamo ad un tavolino. Spunta un tizio dall'aria un po'trasandata e quasi losca. Con mia somma gioia è italiano. Linguine ai frutti di mare, al dente!
Aspettiamo un po' ma sono veramente spettacolari. Se capitate a Cartagena, lo trovate proprio di fronte al famoso Havana Cafè a Getsemanì. Ha aperto da solo 2 mesi e ci racconta che sbattimento sia trovare gli ingredienti buoni per cucinare ed evitare al suo assistente, un ragazzo francese, di mettere la panna in qualsiasi piatto. I francesi, dice lui, hanno inventato il profumo per coprire la puzza di sudore, e la panna per dare sapore al cibo di merda che fanno. Dice lui. Non mi assumo responsabilità. Le linguine erano molto molto buone. Avevo molta, molta fame.
Cartagena è molto carina, ma alla fin fine non mi colpisce più di tanto. Facciamo un tour alle isole del Rosario, ma anche quelle, rispetto a San Blas, non sono niente di che.
Proseguendo sulla costa raggiungiamo Taganga e Santa Marta, ultime tappe della costa caraibica...
...to be continued
over the skies of Cartagena

Tropic Journey 2011 [From Liberia to Bogotà] Chapter 4 - Diario di bordo


pubblicata da Paolo Cellammare il giorno mercoledì 13 luglio 2011 alle ore 18.42

Las islas San Blas
The deck's reading club
Relax on the deck, or sickness. No other choice :)Data: Venerdì 8 luglio 2011

I primi tre giorni sulla Wild Card sono scorsi velocemente, riempiti da molteplici attività e dalla conoscenza di tanti nuovi amici. 11 sono le diverse nazionalità presenti a bordo, includendo anche i tre membri della ciurma, per un totale di 17 anime. 18 se includiamo anche il gattino del capitano.
Ma facciamo un bel passo indietro.A Colon, sul bus in partenza per Puerto Lindo
Matteo, the cold war spy
Eravamo sul bus da Panama City a Colon dove avremmo dovuto cambiare per arrivare a Puerto Lindo. Alla stazione dei bus di Colon l'atmosfera è surreale. La popolazione locale è praticamente interamente nera ed arriviamo all'ora del ritorno da scuola. Tutti gli studenti hanno delle divise bianche che li fanno sembrare cadetti della marina. Aggiungendoci l'atmosfera piratesca del luogo, il mix è fantastico. Manca mezz'ora alla partenza e ho fame, così vado a cercare del cibo decente in uno dei tanti chioschi della stazione. Tantissimi sono queste specie di fast food sudici e alla fine cedo davanti ai cosciotti di pollo del simpatico cinese all'angolo.
Intossicazione alimentare. Di quelle brutte. La notte all'ostello di Puerto Lindo la passo a vomitare. I due (non) simpatici gestori tedeschi ed il loro tè di origano non aiutano.Appena prima dell'intossicazione alimentare del secolo.
Il giorno dopo inizia il nostro viaggio in barca ed il primo locale che imparo a conoscere veramente bene è il bagno. Fortuna che poco prima della partenza ho avuto il tempo di andare dal dottore di Portobelo. L'ambulatorio sembrava fermo agli anni 80 ed io sono stato subito trattato come l'eroe del giorno solo per il fatto di parlare spagnolo. Le infermiere ed il dottore indio sono stati super gentili e mi hanno fatto passare avanti a molta gente in coda. Dopo una mezzoretta di burocrazie da macchina da scrivere ero fuori con le medicine che in 2 giorni mi hanno rimesso al mondo. Anche perchè la pasta in bianco del capitano John proprio non si poteva mangiare.La piazza principale di Puerto Lindo!
MAGNUS!
Premetto che non ho vomitato a bordo, il che mi ha sorpreso. Il mare ha riscosso diverse vittime il primo giorno, ma poi ci siamo un po'tutti abituati. I compagni di viaggio sono forti e si è velocemente creato un bel gruppo. L'atmosfera delle isole San Blas ha di certo aiutato. Magnifici atolli da sogno affacciati sul Mar dei Caraibi lungo la costa di Panama. Abitati dai simpatici indigeni Kuna, che, a dir la verità, sono un pochetto avidini. Ti chiedono un dollaro per farsi fare una foto o  due per mettere piede su alcune isole.Captain John leading the crew.
Indios Kuna in fila per gli aiuti della chiesa
Visitiamo uno dei loro villaggi durante un azione dei militanti della chiesa di cristo, venuti dall'america a spargere un po'di medicine e di verbo cristiano.Un tipico kayak Kuna
I 2 giorni successivi sono fatti di tuffi in acque cristalline, snorkeling tra pesci incredibili, feste sulla barca, gite nella foresta, tuffi dalle cascate, cene di aragoste e granchi e faló sulla spiaggia di isole disabitate. Non lo dico per farvi invidia, è solo dovere di cronaca.
Ah, dimenticavo, ho nuotato con uno squalo. Ma non era grande ed è andato via. E sì, mi sono cagato addosso!


Tom and the little friend

adoption?

too much room

exploring the boat

hey Jim!

Who's gonna take the shark?

Captain vs lobsters: Cap wins!

!!!

Jump!

San Blas sunset

lunedì 11 luglio 2011

Tropic Journey 2011 [From Liberia to Bogotà] Chapter 3 - Bow down to the Panama Canal!

domenica 10 luglio 2011 alle ore 21.13

Camminando per le strade di San Josè

Il mitico AlfiSan Josè è una città abbastanza anonima. Se togli al Costa Rica la natura rimane soltanto la gente cordiale e generosa. E quella, anche nella capitale, non manca. Peró grandi attrattive la città non ne offre, quindi decidiamo di fermarci solo una notte.
Troviamo un b&b molto carino di proprietá di un tizio alquanto interessante, Alfi. Uomo sulla sessantina, in discreto sovrappeso. Sembra averne passate di tutti i colori nella sua vita. Parlando con il suo strano spagnolo intervallato da profondi respiri affannati, ci racconta di aver girato il mondo prima di ritirarsi a San Josè. Nato in Sud Africa aveva lavorato da giovane con il padre in non so che commercio, e poi si era dato con successo alla pittura. Ci mostra il ritratto della defunta moglie, americana, con cui aveva vissuto negli Stati Uniti per alcuni anni.il mitico Tica Bus che attraversa tutta l'america centrale
Adoro incontrare questo tipo di persone. Già soltanto il suo volto trasmetteva una storia intensa.
La notte della capitale dovrebbe offrire tanti divertimenti, ma come al solito scegliamo la zona sbagliata. Non resta che seguire la musica e così infiliamo in un anonimo e decrepito palazzo. Finiamo in un lounge bar alla moda abbastanza figo dove facciamo amicizia con gente del luogo, solo per poi scoprire che è un locale gay! Tipico.Matteo e Danny all'autogrill
La serata scorre bene e ci divertiamo spensierati, sapendo che il giorno dopo ci aspettano 16 ore di bus per Panamà.
La traversata infernale, peró offre tante sorprese, tra cui la conoscenza di un simpatico e strampalato tico di nome Dany. Fa il meccanico a puerto Limon ed è innamoratissimo della sua ragazza che l'ha coinvolto nella religione induista. Infatti sta andando a Panamà per raggiungerla in occasione di un importante festival induista. Facciamo tutto il viaggio in sua compagnia ed arriviamo a destinazione nel pieno della notte.un nuevo amigo!
Abbiamo prenotato una notte in un ostello e ci arriviamo alle 5 di mattina, il giorno dopo inizieremo ad esplorare la città.
Panama City è sorprendente. Sembra un mix di Miami e La Havana (in versione libera) e forse è proprio così che la capitale cubana potrebbe diventare una volta caduto il regime.nel mezzo della foresta pluviale di Panamàuno scorcio della baia
Parlo di vedute, di atmosfera, di sensazioni, ma anche di stile di vita. Il primo impatto è positivo. Camminiamo lungo la baia, e poi esploriamo il quartiere di Casco Viejo. La gente ci sorride e passiamo un bel pomeriggio.
Il costo della vita qui è leggermente più basso che in Costa Rica. La moneta circolante è il dollaro. In realtà loro avrebbero i balboa ma li vedi solo sotto forma di monetine quando prendi un resto, anche se comunque sono mescolati ai dollari. L'influenza statunitense si percepisce ma tra i due influssi quello latino è decisamente imperante. È pura america latina ragazzi! E mi piace di brutto!er fico de panamàragazzini giocano nei vicoli un po' come all'Avana
La serata panameña viene adeguatamente festeggiata tra cerveza e ron in vari locali della "zona viva", un quartiere fortificato dedicato alla vita notturna. Qui serve il documento e si viene perquisiti per entrare, ma almeno la sicurezza è assicurata. Fa molto strano entrare in una zona fortificata per bere una birretta, ma tanto si sa che paese che vai, usanza che trovi...attento matteino, te l'hanno pure scritto!la baia di Panama sempre più imponente
al riparo dalla pioggia (fruc fruc)Da menzionare assolutamente è la cena di degustazione al ristorante Manolo Caracol. La più buona in assoluto da quando siamo partiti. Economicamente una mazzata tra capo e collo, ma li valeva!
Ma c'è un altra vera meraviglia di Panama dopo l'incredibile skyline sulla baia (purtroppo non ho potuto fare foto di notte, era davvero mozzafiato). Parlo ovviamente del canale. Imponente e frenetico lascia davvero a bocca aperta, c'è poco altro da dire.Matte nella cattedrale abbandonata di Panama Viejo
Ora siamo su un bus diretti alla costa nord, dove domani mattina ci imbarcheremo su un veliero diretti verso Cartagena, Colombia. Cinque giorni di navigazione con soste nelle isolette disabitate di San Blas, pregando che il mare non sia tempestoso come dicono. Che Nettuno ce la mandi buona!
Panama Canal!!!
Io e il mitico Canalone!