La primissima accoglienza in Costa Rica è un bel sorriso, sembra quasi la Thailandia dell'America Latina.
La gente così cordiale, disponibile e simpatica non puó che mettere di buon umore e farti passare delle splendide giornate.
All'arrivo a Liberia abbiamo direttamente noleggiato un Daihatsu Bego 4x4 (a cui presto daremo un nome) e ci siamo diretti attraverso la fitta giungla, tra pantani e strade dissestate, in direzione delle spiagge della penisola di Nigual.
Ma veniamo alle note dolenti. Dove sono i venditori di frutta sulla spiaggia tipici dei paesi tropicali? O più in generale la frutta? Sono 10 giorni che ho una voglia matta di frutta e ancora non ne ho avuto una dose decente. Datemi un mango!!!
E poi vorrei sapere perchè questo paese sembra così tanto un parco giochi per americani. Ragazzini che giocano a fare i colonialisti. Tutto è organizzato, disposto e dipinto a loro misura. Per me che voglio un esperienza genuina non è il massimo. Mi ricorda la thailandia anche in questo, appunto, ma dov'è la Cambogia del centro america? Mi sa che ce la perderemo.
Guidando alla volta di Montezuma avevamo deciso di fare sosta a Playa Coyote, descritta sull guida come una delle località più belle della costa pacifica.
Vediamo un gruppetto di autostoppisti a bordo strada, una mamma con tre bambini, di cui uno piccolo di un anno in braccio e decidiamo di dargli una mano.
Ci fermiamo ed assistiamo ad una biblica moltiplicazione delle persone. Nel giro di 2 minuti ci troviamo la macchina piena di questa famiglia di Nicaraguensi che dopo una serie di spiacevoli eventi hanno deciso di raggiungere dei parenti in Costa Rica e sono in viaggio a piedi da nove giorni.
Li portiamo ben più in la di dove avremmo voluto arrivare. Offriamo pizze e cocacola a tutta la famigliola con grandissima gioia dei bambini e li salutiamo, ovviamente non senza le foto do rito.
A quel punto decisione carmica. Da dove siamo giunti esiste sulla mappa un altra strada che porta a Playa Colon, che a questo punto è diventata più breve.
E così attiviamo il 4x4 della nostra bella macchinina e ci dirigiamo verso il nostro sterrato destino.
Lungo la strada troviamo qualche torrentello da passare agevolmente e con gran divertimento... Fino a quando dopo una curvona ecco che ci si gela il sangue. Un cazzo di fiume! Non il Po ok, ma nemmeno un ruscelletto. Insommma un fiumiciattolo con i suoi cazzo di coglioni quadrati. Che fare?
Si potrà guadare visto che taglia preciso preciso la strada segnata sulla mappa? Seguiamo la procedura di guado segnata sulla mappa e a piedi iniziamo a scandagliare il fondale. L'acqua non arriva mai oltre il ginocchio ma quello che mi preoccupa è il terreno molto fangoso e soffice che non da per niente stabilità e che sotto il peso della macchina ci potrebbe far affondare. Dopo una lunga diatriba e sotto consiglio di un ragazzino del luogo, decidiamo di provare almeno fino a dov'è più bassa per vedere se regge.
Morale della favola: non ha retto una sega. Inabissata la ruota frontale destra appena l'acqua è diventata più alta, non abbiamo potuto fare più niente. Il momento peggiore è stato quando, io che guidavo, mi sono visto arrivare l'acqua a metà stinco, con il motore che ancora andava, mentre Matteo cercava eroicamente immerso fino a mezzo torace di sollevare la ruota inabissata.
I ticos (così si fanno chiamare i costaricensi) sono persone veramente eccezionali, ci hanno aiutati trainandoci fuori con un trattore e non volevano neanche niente in cambio. Il momento di panico è stato poi vedere se la macchina, che grondava da tutte le parti, sarebbe ripartita. È ripartita. Respiro di sollievo e scaricare euforico di adrenalina. Ora ha un po'l'impianto elettrico schizofrenico e il motore ogni tanto fa le bizze, peró viaggia.
Non siamo arrivati a Montezuma quella notte, ma l'avventura continua!
P.S. Abbiamo dato un nome al fuoristrada... Mosè!
Nessun commento:
Posta un commento